Maputo capitale della miseria

Maputo è la capitale di questo povero paese. Durante il mio viaggio ho visitato molte volte la città ma non come un normale turista che passa dagli alberghi ai musei, l’ho girata in lungo ed in largo insieme ai padri della missione che accompagnavo nelle loro faccende. Maputo è una città costruita dai portoghesi ed in molti tratti assomiglia ad una città europea, con costruzioni molto simili a quelle presenti a Lisbona, ma dai tempi della guerra per l’indipendenza, nella quale vennero cacciati gli oppressori europei, la città è stata abbandonata a se stessa: strade dissestate, marciapiedi distrutti, edifici fatiscenti (per loro sono di lusso).

Uno dei più grandi torti che i portoghesi fecero a queste popolazioni fu il non insegnargli assolutamente niente, e fu cosi che, il giorno dopo la cacciata dei portoghesi, i mozambicani si ritrovarono città e strade a cui non sapevano fare neanche la normale manutenzione. I portoghesi, nella loro fuga distrussero quello che poterono e quello che non ebbero il tempo di distruggere lo resero inutilizzabile: emblematico è l’esempio di un alto edificio quasi ultimato, ed abbattuto solo qualche mese fa, che i portoghesi, nella fuga, resero inutilizzabile versando cemento liquido negli impianti sanitari. E’ cosi che Maputo è cresciuta non più con edifici ma con baracche di lamiera, container per merci trasformati in negozi, casupole di mattoni e sabbia che lottano ogni giorno contro la legge di gravità che le vorrebbe a terra. Il sistema fognario è rimasto quello costruito dai portoghesi, tutte le abitazioni che sono nate successivamente non hanno fogne e scaricano i loro liquami in mezzo alle strade che molto spesso sono fatte con una pendenza concentrica per convogliare il rivolo d’acqua sporca verso un posto più lontano …!

Qui la gente viene dalle campagne alla ricerca di fortuna e nella speranza di migliorare le proprie condizioni di vita ma trova una miseria peggiore, quella senza dignità, e condizioni igieniche più precarie di quelle presenti nei villaggi di capanne da dove provengono.

Ho visto i mercati di Maputo, si può dire che tutta la città sia un grande mercato all’aperto, tranne il vecchio centro storico che ha una parvenza di normalità europea. Nei mercati si vende di tutto: frutta, verdura, pesce maleodorante, ruote d’auto, sabbia in secchi (da misurare al momento), pezzi d’auto smontati dai fuoristrada ribaltati nella savana, batiq a quantità e sculture locali in legno, pezzettini di carbone, scarpe usate trovate in discarica; tutto ciò che noi getteremmo via, qui viene commerciato nella speranza di arrivare a sera con qualcosa da mangiare!

Ho visto un mercato pieno di gente disperata realizzato sopra una vecchia discarica, sopra una montagna di rifiuti da qui era già stato tolto tutto ciò che poteva essere riciclato e su qui vive e commercia una moltitudine di persone tutti i giorni. E sotto questa montagna di rifiuti ho visto dei bambini giocare e farsi il bagno nello scolo fognario della città come fosse la piscina del grest estivo dell’oratorio. Spiegarlo è difficile, comprenderlo è ancor di più, ma è quasi impossibile paragonare certi paesi dell’Africa al mondo occidentale. Qui non si butta via nulla, o quasi, perché si rimette tutto in commercio ed il poco che la città rigetta, perché assolutamente inservibile, viene portato nell’unica discarica “organizzata” del Mozambico,qui l’odore di plastica bruciata ed il  fumo acre invadono notte e giorno le case del bairro (quartiere-baraccopoli) di Hulene, si lasciano dietro un tappeto di mosche: è la lixeira, discarica a cielo aperto a 5 km da Maputo. Entrata in funzione nell’epoca coloniale, è l’unica del paese “organizzata” per ricevere rifiuti solidi urbani.Su questo sfondo ci sono loro, i lixeiros. Nel cortile che fa da ingresso alla discarica stazionano i ragazzi più forti e agili, in attesa di salire al volo sui camion della nettezza urbana mentre sono ancora in corsa. Nessuno vuol far male al conducente ma tutti vogliono rovistare in quei rifiuti, quelli scartati da chi ha già riciclato, in cerca di qualcosa da mangiare o da rivendere. E se si ha il coraggio di fermarsi e di guardare oltre quel muro si vedranno persone, famiglie intere che vivono sulla discarica, alimentandosi di ciò che trovano e cercando di sopravvivere all’inferno con cui convivono; non credo esista una condizione umana, in tempo di pace, peggiore di questa.

A Maputo però, come in ogni altra capitale, non mancano certo persone che se la passano bene; entriamo quindi nella zona delle ambasciate: case molto belle, fuoristrada ultimo modello, strade asfaltate e pulite e centri commerciali dove una guardia nera all’ingresso fa passare solo i bianchi perché essere bianchi equivale ad essere ricchi.

Vedere tutto questo ti fa pensare, ti fa male, ti pone di fronte a mille domande: E’ giusto tutto questo? Cosa ho fatto io per meritarmi la mia “normalità” europea che per la quasi totalità di queste persone rimarrà un miraggio per tutta la vità?

(Stefano Mongilello)