Lettere e letterine...

Per sentirci più vicini abbiamo deciso di pubblicare alcune lettere. Chiunque può scriverci a partire dai missionari, i loro bambini coi famigliari, ma anche tutti quelli che si sentono coinvolti da questa realtà. Quindi non esitate a scriverci e pubblicheremo le vostre lettere….

Domenica 1 febbraio 2009

Ciao S., oggi sto vincendo la mia pigrizia relativa alle risposte alla posta elettronica. Ultimamente apro la posta elettronica raramente (quasi una volta la settimana). Sia per il caldo – stare in casa la sera si suda anche a stare seduto, e quindi ci sto il meno possibile – sia perché durante il giorno non mi ritaglio del tempo anche per questo. 

Comunque il tuoi messaggi sono arrivati, non dubitare. Io sto bene e pure tutti noi. Fra’ Alessandro é arrivato e anche per lui si é trattato di mettersi subito all’opera. Sí perché la scuola é iniziata quest’ultimo venerdi e, pertanto, al suo arrivo ha dovuto prendere conto di coloro che frequenteranno il collegio. L’asilo inizierá, invece, tra una settimana e precisamente lunedí 9 febbraio. Sono preso per le iscrizioni, un lavoro che mi assorbe molto tempo; anche perché sbrigo tutto il lavoro di segreteria. Attualmente ho 88 iscritti, ma prevedo che supereranno i 120 bambini. Quest’anno sto accettando anche quelli la cui etá é tra i due anni e i due anni e mezzo. Inoltre, sto ancora accompagnando i lavori di miglioramento e ampliamento delle aule della nostra futura scuola. Come se non bastasse ci sono i volontari, i quali sono benvenutissimi, peró per il sottoscritto richiede un’attenzione anche per loro. Insomma, il lavoro non manca e inizio alla mattina ad avere la maglietta fradicia per il caldo e la tolgo a sera, sempre se non l’ho cambiata a metá giornata dopo una doccia fredda per rinfrescarsi.
Ciao e alla prossima. p.Ago

 

Domenica 12 ottobre 2008

Ieri è stata un’altra domenica non nell’insegna dell’ordinarietá. Per iniziare, di buon mattino ero rimasto bloccato nella sabbia e non riuscivo con la macchina a venirne fuori se non con l’aiuto di due generosi mozambicani (che fortuna) e insieme abbiamo scavato con le mani.  Mi avevano riconosciuto che ero il padre e che stavo per recarmi in qualche comunità, pertanto mi aiutarono ma non lo fecero per chiedere soldi. Grazie a loro dopo mezz’ora ripartì per Mantimana. Arrivato in comunità m’hanno informato della morte di un anziano appartenente alla nostra chiesa.  Dopo la messa ci siamo recati a casa sua e ho improvvisato una veglia funebre all’ombra dell’albero (come di consueto): con salmi, lettura del vangelo e riflessione, preghiere spontanee, eucarestia alla moglie e alcuni familiari, benedizione del defunto (che era nella capanna, adagiato per terra su una stuoia e coperto da una coperta). Mi sono recato alla casa d’una anziana per l’eucarestia (come di consueto ogni qualvolta vado in questa comunità) che ha notevoli difficoltà a camminare. Di ritorno l’acqua del radiatore ha cominciato ad andare in ebollizione per il notevole sforzo che doveva sostenere trasportandoci e percorrendo la strada sabbiosa (eppure eravamo solo in 7).  A Matsinana (il primo villaggio che ho incontrato) ho chiesto acqua per raffreddare il motore.  Alla partenza altre 2 persone mi chiesero un passaggio fino a Marracuene, come potevo dire di no.  Cosa avrebbero capito se gli avessi spiegato il motivo del mio rifiuto alla loro richiesta.  Accettai pure loro e sono ripartito con la speranza di raggiungere il pozzo del prossimo villaggio prima che l’acqua ricominciasse e darmi noie.  A metà strada la temperatura era già alta, continuai ugualmente fino ad arrivare al pozzo di Hobyana.  Quando mi fermai la lancetta del manometro già da un paio di kilometri indicava il rosso.  Raffreddai ulteriormente il motore ad una temperatura ragionevole e ripartii.  Lungo il cammino altre due persone mi chiesero il passaggio, ma non mi fermai.  Per fortuna la strada che dovevo ancora percorrere aveva il tratto sabbioso solo per un paio di kilometri e poi potevo togliere la trazione per le quattro ruote motrici e, quindi, il motore avrebbe sostenuto meno sforzo e non si sarebbe riscaldato eccessivamente.  Arrivai al fiume, infatti, senza più avere problemi.  Erano le 14 e 30, eppure lo stomaco non mi diceva nulla, nonostante vi avevo messo un caffè alle 6 e 30 prima di partire.  Un caldo sole quasi simile a quello estivo non dava fastidio e c’era un pulito cielo azzurro ventilato da un piacevole vento.  Quando però alla 15 mi sedetti non mi dispiaceva la frescura delle pareti di casa e l’acqua fresca la prendevo volentieri. Mi devo ricordare di riprendere con me una tanica d’acqua, come già qualche mese fa mi ero attrezzato per tale problema.
Buona settimana e alla prossima.


Domenica 1 giugno 2008

Quest’ultima domenica è stata una grande festa a Macaneta, comunità a 5 km al di là del fiume.  E’ stata la festa del Sacro Cuore di Gesù, Patrono della comunità.  La celebrazione era fissata per le nove ed io pensai di arrivare con largo anticipo, per dare la possibilità a coloro che avessero desiderato  di accostarsi alla confessione.  Un quarto alle otto arrivai, ma la cappella era ancora chiusa.  Erano presenti solo tre donne che avevano già acceso il fuoco e stavano preparando la riserva d’acqua andando e ritornando continuamente dal pozzo (distante – per loro fortuna – solo 500 mt) e riempivano un grande barile per il fabbisogno della giornata.  Sicuramente – pensai – ci sarà un grande afflusso di gente. Perché quando c’è qualcosa da mangiare vengono in molti.  Così avvenne. Qualcuno, nel frattempo, cominciava ad arrivare e arrivò anche la macchina di Radio Maria (mozambicana).  Mi ricordai, infatti, che l’animatore della comunità mi disse che quest’anno volevano fare le cose in grande.  Lo stesso animatore mi chiamò al telefonino chiedendomi di andargli incontro con la macchina per caricare il generatore di energia elettrica, che sarebbe servito per far funzionare le apparecchiature della suddetta radio.  A tre kilometri dalla cappella lo incontrai sudato che portava con sé tale arnese e in mano un bottiglione di benzina per farlo funzionare. Fuori dalla cappella cominciavano a brulicare le persone che man mano arrivavano si salutavano.  Alcune donne s’erano aggiunte alle prime cuciniere e alcune cominciavano a tirare il collo alle galline per spennarle e per metterle poi in padella, altre stavano pulendo il pesce, mentre i pentoloni del riso erano sul fuoco. Erano le nove e un contrordine fece riportare dentro la cappella panche, sedie, tronchi, stuoie, altare… che poco prima vennero appositamente preparati all’aperto sotto gli alberi. C’era, infatti, un vento freddo e fastidioso che avrebbe disturbato la celebrazione. Bastarono cinque minuti e tutto fu risistemato all’interno.  Anche le apparecchiature della radio vennero montate all’interno della cappella e nel frattempo le danzatrici insieme alle addette dei tamburi e dei canti iniziarono le prove.  Io mi sedetti a fianco della porta d’ingresso e osservavo e apprezzavo le prove di canto unitamente alle rispettive danze (anche se le conoscevo ormai da tempo).  Notavo una buona organizzazione per ogni cosa e ciascuno sapeva qual’era il suo compito.  Le donne anziane s’erano sedute al loro solito posto adagiandosi sulla stuoia, gli uomini sui tronchi, altri sulle sedie di plastica (appositamente portate da casa per la celebrazione).  Provarono tutti i canti (una ventina) con le rispettive danze che avrebbero poi eseguito durante la Messa.  Erano quasi le dieci, nessuno pensò alla confessione.  All’ultimo canto che stavano per provare (ch’era il canto finale della Messa) mi fecero cenno che anch’io potevo prepararmi e che anche le apparecchiature della radio erano pronte. Si iniziò solennemente e da fuori della cappella venni accompagnano all’altare dalle danzatrici che m’accompagnavano danzando.  Erano le dieci (un’ora di ritardo dall’ora stabilita; ma qui è normale), la cappella era gremita di gente, quasi tutti partecipavano al canto ritmato dai tamburi maestralmente percossi dalle donne.  Dalla finestra (dai vetri rotti) entravano vampate di buon soffritto d’aglio che per ripararsi dal vento – le donne - cucinavano a fianco del muro della cappella. Provai un po’ d’emozione quando mi trovai davanti al microfono della radio; era una cosa insolita per me che ogni domenica non mi servivo di microfoni, né erano necessari.  La celebrazione era iniziata e religiosamente raccolti si svolse la Messa ben animata con canti e danze.  Le letture vennero tutte lette in due lingue (Portoghese e Ronga, che è la lingua locale) e pure la mia omelia venne dall’animatore tradotta in Lingua, per consentire alle donne anziane di comprendere la riflessione.  Le preghiere dei fedeli vennero – come al solito – fatte spontaneamente da chi voleva intervenire.  Per la ricorrenza avevano preparato un ricco offertorio costituito dai loro prodotti della terra (patate dolci, mandioca, cipolle, pomodori, covi, banane…) e che alla fine della Messa m’avrebbero caricato sulla macchina. Alle dodici e quaranta uscimmo dalla cappella, la Messa era finita e si dava inizio alla confraternizzazione.  Nonostante c’era un vento freddo il sole era molto caldo e ben volentieri ci si lasciava baciare dai suoi calorosi raggi.  In poco tempo sotto un’ albero prepararono il tavolo d’onore, al quale era riservato il posto per me, per l’animatore della comunità e per gli ospiti (le quattro persone di Radio Maria).  La gente della comunità presero dall’interno della cappella quanto c’era d’utile per sedersi.  Le donne anziane si sedettero sulle stuoie, mentre quelle giovani si predisponevano per il servizio e le ragazze (le danzatrici) portavano il piatto preparato (colmo di riso e un pezzo di pesce e uno di pollo) a tutti i partecipanti alla festa del Patrono.  Le addette alla cucina avevano calcolato perfettamente i tempi per preparare il tutto e la quantità che in poco tempo venne consumata e innaffiata da acqua (poco limpida) attinta a pochi metri di profondità. La Messa sarebbe stata trasmessa fin quasi a metà del vasto Mozambico.  Era il massimo che potevano fare, perché tale radio non dispone di una buona e efficiente apparecchiatura e non gli consente d’avere una copertura dell’intero territorio nazionale. Vi saluto tutti col desiderio che stiate tutti bene e che la salute vi accompagni costantemente.  Vi ricordo al Signore e che vi benedica e vi accompagni.
Ciao, p. Ago


05 aprile 2008

Ciao, è sempre una bella notizia sapere che state tutti bene e vi auguro che possiate continuare a godere i benefici della salute. Noi non abbiamo avuto le migliaia di persone che in Santuario vi hanno fatto compagnia durante i giorni festivi, anzi per noi non ci sono state nemmeno le vacanze.  Il calendario mozambicano non contempla le festività della chiesa cattolica né quelle dei mussulmani.  La settimana santa, pertanto, non ha avuto alcuna interruzione ed è stata una delle tante lavorative.  Nemmeno la scuola aveva previsto interruzioni, quindi anche per noi è stato un di più che s’è aggiunto all’ordinario. Il giorno di Pasqua era piovoso e nella cappella del villaggio dov’ero andato al di la del fiume c’erano la metà delle persone che la frequentano (non qualche migliaio come da voi, ma qualche decina).  La gente non possiede indumenti adeguati, ne calzature per la pioggia, né ombrelli.  Ogni volta che piove, poche persone escono di casa.  Inoltre, la celebrazione è stata disturbata dalla pioggia che batteva sulla lamiera e mi costringeva ad urlare per farmi sentire, oltre ai gocciolamenti che spingevano a spostarci. Il giorno di Pasqua m’era venuto il pensiero delle solenni cerimonie italiane nelle nostre chiese e confrontando la mia messa… che differenza.  Soprattutto ho ricordato tutte le persone che conosco e che riuscivo a ricordare; tra queste pure tutti voi del santuario: vi ricambio la preghiera, i saluti, i ricordi. Se in Italia si è stanchi di mangiare i panettoni, in Africa non è la stessa cosa e la gente non sa nemmeno cosa sono.  I nostri ragazzi, infatti, per la prima volta hanno visto e assaporato un dolce dei ricchi.  Sì perché per loro il panettone è un dolce che in Africa solo i bianchi possono permetterselo (non viene prodotto ed è importato, quindi il costo è proibitivo anche per noi - se si considera il tenore di vita dei mozambicani in proporzione al costo di un panettone).  Fortuna vuole che l’italiano (così lo chiamiamo il connazionale che commercia e importa alimentari qui in città di Maputo) non riuscì a vendere tutti i panettoni prima della data di scadenza indicata sulla confezione e così - fortuna per noi - beneficiammo di una cinquantina di questi gustosi e desiderati (anche per noi) dolci (che sono quelli, non di marca, ma…), e com’erano buoni (sapendo che non costavano a noi alcun centesimo)!  Ne abbiamo ancora alcuni e li conserviamo per le grandi feste. Grazie per le buone intenzioni che manifesti, del 5 x  mille, della disponibilità per le offerte, non posso che ringraziarvi con la preghiera, ricordandovi al Signore e mettendo nelle sue mani tutto quanto vorreste porgli davanti. Ti saluto e saluto tutti coloro che ho conosciuto: a voi tutti i miei cari saluti uniti al  desiderio che la salute vi accompagni benevolmente. 
Ciao, p. ago.


10 febbraio 2008

Quaggiù ho ritrovato quanto ormai da tempo conoscevo e ho ripreso senza perder tempo, perché il lavoro che m’attendeva era molto.  Mentre l’anno scolastico è iniziato da due settimane, lunedì (11 febbraio) inizia la nostra scuola materna e in queste settimane ho avuto un bel daffare per preparare il necessario.  Per fortuna non fa esageratamente caldo, c’è molta umidità e questa è anche dovuta a continui e frequenti temporali, che per il resto rinfresca il clima.  La gente, invece, è preoccupata perché le continue e frequenti piogge gli fanno marcire i loro raccolti. Per le offerte ricevute e che mi comunichi, ti e vi ringrazio tutti.  Vi ricordo ringraziando il Signore per tutti voi e celebrando secondo le vostre intenzioni.

Vi saluto tutti, ciao p. ago


Questa mattina è stata piovosa e nonostante il brutto tempo sono andato ugualmente nella comunità, che di solito quando piove è quasi inutile andarci.  Infatti, erano poche le persone che incontrai nella cappella.  Erano venute senza ombrello (che non possiedono) - nonostante la pioggia torrenziale - perchè sapevano che oggi sarebbe arrivato per loro il padre.  Avevano camminato a piedi scalzi e con le ciabatte infradito nelle mani.  Prima di entrare nella cappella, hanno lavato i piedi dal fango ad una pozza d'acqua.  Hanno lasciato le ciabatte fuori dalla cappella e vi sono entrate per sedersi per terra adagiati/e su una stuoia.  Durante la messa - disturbata dalla pioggia che cadeva sulla lamiera e dal fracasso che ci accompagnava per tutta la celebrazione - ci si doveva spostare per non ricevere sulla testa ciò che dal tetto gocciolava. La mia gente è stata contenta di rivedermi in buona salute, anche se più bianco del solito. Calorosamente mi hanno accolto e allo stesso modo hanno manifestato il loro benvenuto alle due signore che vennero con me dall'Italia. La strada che percorsi era fangosa e con molte pozze d'acqua, a volte anche profonde.  E' mancato poco che rimanessi bloccato nel fango.  Ci voleva grinta e scaltrezza per non rimanere irrimediabilmente bloccati. E' stata una domenica come tante - se si considera che si è in Africa.  Ma appena tornati dall'Italia si notano le diversità. Ciao e nuovamente saluti a tutti voi .
Il Signore vi accompagni e vi benedica. p. Ago


13 settembre2006

Sai dove ha partorito la nostra domestica un mese fa? Sulla macchina,  mentre stava recandosi in ospedale per tale evento. Lei non sa come lo chiamerà perché spetta all'autista dell'auto dare il nome al bambino. Io, invece, domenica scorsa ho dato il passaggio ad una giovane, già madre  di due figli, che aveva partorito sulla strada mentre anche lei, per tale  attesa - accompagnata dalla madre - si recava a piedi in ospedale (che  distava - da dove le ho incontrate - 6 km). Uscito dalla cappella di  Macaneta (dov'ero andato per celebrare la messa) le due donne mi attendevano per tale passaggio. In braccio aveva il figlio appena nato. Il marito  della giovane madre, era in Sud Africa dove, come molti mozambicani, si era recato per cercare lavoro. Quest'ultima domenica, invece,  come al solito ero uscito alle sette del mattino per andare a Mantimana (villaggio al di là del fiume distante un  ventina di km). Di ritorno, a circa metà strada e verso le 12,30 mi fermai  costretto dall'acqua in ebollizione del radiatore. Com'era successo non  sapevo spiegarmelo, non era mai successo con la macchina che di solito  utilizzo. Lasciai raffreddare il motore e nel frattempo ho aggiunto l'acqua  mancante. Controllai il motore e quand'era in condizioni per ripartire  riaccesi la macchina, che purtroppo non ne voleva sapere. Dopo aver informato a casa dell'avaria al motore, attesi che mi venissero  a rimorchiare con un'altra macchina. Attesi più o meno un'ora. Era il tempo necessario per giungere fin là. Nemmeno rimorchiata il motore volle mettersi in moto. Non rimase altro  che pazientemente tornare rimorchiati. Il guaio é che dopo un km circa dovemmo rinunciarvi. C'era troppa sabbia e il peso della macchina  rimorchiata non permetteva alla prima di tirarla con sé. Dopo vari  tentativi, decisi di telefonare ad un nostro parrocchiano di un villaggio vicino, il quale rispose che per il padre prontamente sarebbe venuto con il  suo trattore. Attesi anche questa volta un'ora e più, poi finalmente arrivò. Non  sembrava vero che la macchina si muovesse dietro quel mezzo d'antiquariato. Dopo qualche centinaia di metri si spezzò la corda, che riannodammo e poi  ripartimmo. Un km circa e di nuovo la corda si spezzò, la sabbia creava un  forte attrito per la macchina rimorchiata e sottoponeva la corda alla prova  della sua resistenza.  Ripartimmo e più volte, sempre a causa della stesso  problema, riannodammo la corda. Terminata la strada sabbiosa, cominciò  quella con le buche, o meglio dei crateri. La corda - ormai accorciata per  i nodi - venne nuovamente messa alla prova e nuovamente venne più volte riannodata ogni volta che si spezzava. Al crepuscolo, dopo aver perso molto tempo a causa della corda, giungemmo  al fiume. Attraversato e ormai sulla sponda di Marracuene, alla gente non sembrava  vero vedere la macchina del padre rimorchiata. Si poteva assistere a tale spettacolo per la macchina di altre persone, ma della macchina del padre  proprio no. Tutti sembravano meccanici e guardavano dentro il vano motore sentenziando la causa dell'avaria. Per fortuna non avevo nessuna  attrezzatura, altrimenti - anche se era orma buio - mi avrebbero smontato il  motore. La loro intenzione era quella di rendersi utili e poter fare un  favore al padre, il quale (cioè io) non sapeva come fare per far capire loro  che pur apprezzando la loro generosa e nobile intenzione non voleva che  pensassero che fossero incompetenti (anche se lo erano) né si offendessero nel far capire di non disturbarsi e sporcarsi le mani (oltre ai vestiti che si erano già macchiati). Inoltre a quell'ora e col buio non eravamo nelle  condizioni migliori per lavorare e scoprire il guasto. Finalmente, alle 18,30, arrivai a casa con la macchina. Non avevo fame,  anche se nello stomaco avevo solo il caffè del mattino. Avevo però sete. Ringraziai l'ACI mozambicana del trattore, che si preparava per ritornare  al proprio villaggio al di là del fiume e nel cuore della savana sotto un  cielo splendidamente stellato con un'infinità di stelle.

Ciao e alla prossima, p. Aago.